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“Per dimostrare il teorema di Pitagora serve più immaginazione che a riportare in vita i morti, perché quelli, almeno una volta, ci sono stati. Le rette, i punti, le figure geometriche, mai. Perciò, tutto quello di cui Euclide parla, non esiste. […]
La matematica, e ci penso ogni volta che mi trovo davanti a un disegno su un muro, su un ponte o sull’asfalto di una qualsiasi città, è questa immaginazione che educa all’invisibile, dunque all’amore e ai morti, alle utopie e ai fantasmi e che ci ha portato lontano lontano nel tempo e nello spazio.
È questo esercizio d’immaginazione che ci fa e ci fa rimanere umani e quindi, in fondo, poco importa che tutto quello di cui Euclide parla non esista, se siamo qui.”

C. Valerio, Storia umana della matematica, Einaudi